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A proposito di bellezza

  • sbelingheri
  • 3 gen
  • Tempo di lettura: 3 min

Vito Mancuso nel suo libro "La via della Bellezza" , giunge a conclusioni per me molto interessanti riflettendo sul significato di alcune parole connesse al concetto di bellezza.


Caos: il termine deriva dal verbo greco chasko, che significa "mi apro, sto aperto". Il primo significato di caos non è quindi "disordine " bensì "abisso, voragine, vuoto, oscurità". Le tradizioni spirituali alla base dell'Occidente sono concordi nel porre il caos all'origine del mondo.. ora però siamo diventati consapevoli del fatto che il caos delle origini non è stato domato una volta per tutte, che il caos accompagna strutturalmente ogni fenomeno. La regola prima del reale non è la chiarezza del logos e l'ordine che ne consegue; la regola prima del reale è l'impasto persistente di logos e caos, costruzione e distruzione di relazioni e sistemi..

A causa di questa condizione strutturalmente caotica dell'essere, la bellezza, che è "splendore del vero", non può che rispecchiare a sua volta il caos. Ed è proprio questo a segnare la differenza invalicabile tra la vera e la falsa bellezza, tra la bellezza naturale e la bellezza artificiale, tra la bellezza in quanto splendore del vero e la bellezza in quanto bagliore dell'effimero. A differenza della bellezza costruita artificialmente nelle catene di montaggio delle industrie o delle cliniche, la più autentica bellezza è tale da rispecchiare sempre una componente imprevedibile di caos, la cui presenza conferisce originalità e unicità agli oggetti e alle persone.


Sublime: ben diversamente dal significato comune che lo equipara allo straordinario o all'eccezionale, il sublime rimanda a ciò che affascina e al contempo respinge. Già l'etimologia manifesta questa natura contraddittoria , visto che il latino sublimis significa "alto" , "elevato" ma è stranamente formato dalla preposizione "sub" che significa "sotto" e da limis che sembra derivare da "limen" ovvero soglia, sicché il significato originario di sublime sarebbe "ciò che giunge sotto la soglia più alta". Se la mente ha coniato un termine così contorto è stato per esprimere che, a differenza del bello verso cui si prova solamente attrazione, il sublime comporta una percezione così intensa della bellezza da riceverne anche una ferita, un trauma. Il sublime secondo l'autore deriva dalla percezione dell'antinomia o , più precisamente, è la risonanza interiore prodotta dalla condizione antinomica dell'essere (essere una cosa e al contempo il suo contrario, ad esempio maschile e femminile). il suo sentimento genera "piacere negativo" (Kant), "Docta ignorantia" (Cusano), "ottimismo tragico" (Florenskij), mentre la sua natura appare come "tenebra luminosissima" (Dionigi Areopagita). Il sublime non solo coinvolge, come il logos-armonia, ma anche sconvolge, come il caos-disarmonia, e per questo rappresenta la più alta esperienza estetica.

Per Schopenhauer l'opposto del sublime è l'eccitante, che definisce come "tutto ciò che stimola la volontà offrendole direttamente soddisfazione e appagamento". E' la trappola dei giorni nostri, nei quali tutto deve essere eccitante, finendo per estirpare alla radice la possibilità stessa di quella severità da cui, solo, nasce il sublime.

Tra le più efficaci descrizioni del sentimento del sublime vi sono due scrittori russi. Il primo è Cechiov: "Della profondità immensa e della vastità senza confini del cielo si può giudicare solo in mare, e nella steppa di notte, quando splende la luna. Esso è pauroso, bello e accarezzante, ha un aspetto languido e invita a sé, ma la sua carezza ti dà il capogiro". Il secondo è Grossmann :"La bellezza sconfinata, stupefacente delle montagne suscita un'emozione più forte del turbamento, un'emozione che ha a che fare con lo sgomento, quasi con la paura".





 
 
 

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